lunedì 24 settembre 2012

Eccezionale annata il 2012 per gli involi di aquile reali nel Lazio!

Aquila reale giovane
Delle dieci coppie di aquile presenti, sette si sono riprodotte con successo portando all'involo nove giovani aquile. Due coppie (Monte Terminillo-zona est e Monti della Laga) hanno involato due aquilotti. Si tratta di un anno record che fa quasi pari con l'anno passato, il 2011, quando gli aquilotti involati furono otto; anche l'anno scorso si sono avuti due doppi involi, quella volta nell'areale meridionale della regione (Monti Lepini e Monti della Meta). Produttività quindi elevata, abbondantemente sopra gli standard dell'Appennino, e presenza insolita di doppi involi che in questo areale sono davvero rari. I motivi che possono aver portato a questo successo riproduttivo sono riconducibili a coincidenze di fattori positivi che hanno interessato le coppie laziali quali una buona disponibilità delle principali prede per l'aquila reale (per esempio la lepre), l'assenza di disturbo e l'assenza di condizioni metereologiche estreme nei momenti critici del ciclo riproduttivo. Le lepri, come tutti i lagomorfi, sono soggette a fluttuazioni cicliche negli anni e non è da escludere che nell'Appennino centrale, visti i buoni risultati delle altre coppie di aquile reali presenti, sia in atto un loro ciclo ottimale. Continua dunque il trend positivo di questo magnifico rapace nell'Italia centrale. Nelle prossime stagioni riproduttive c'è da aspettarsi qualche altra ricolonizzazione di siti storici ancora oggi deserti. L'unica vera minaccia incombente sulla specie rimane la modificazione degli habitat naturali di presenza, attraverso la costruzione di grandi infrastrutture civili e industraili quali strade, impianti eolici, ecc.

Fabio Borlenghi 


Aquila reale adulto

domenica 23 settembre 2012

Grifone sull'Appennino umbro marchigiano

Domenica 23 settembre 2012 alle ore 15.02 Jacopo Angelini ha osservato un individuo di Grifone (Gyps fulvus) mentre volteggiava sopra la sella tra il monte Acuto e il monte Catria nell'appennino umbro  marchigiano in provincia di Pesaro e Urbino.
Le osservazioni della specie sono più  frequenti nel sud delle Marche nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini, dove da maggio a settembre si osservano con cadenza regolare fino a 15 individui insieme intenti ad alimentarsi di carcasse di bestiame domestico nelle praterie primarie e secondarie del parco nazionale.
Anche nel Parco Gola della Rossa e di Frasassi almeno 3 volte negli ultimi 4 anni sono stati osservati individui di Grifone.


Foto: Jacopo Angelini
 

sabato 22 settembre 2012

Comunicato stampa LIPU: liberato Capovaccaio nella gravina di Laterza

SPECIE A RISCHIO ESTINZIONE:
LIBERATO UN CAPOVACCAIO
NELL’OASI LIPU GRAVINA DI LATERZA
L’animale, proveniente dal Cerm di Grosseto, è partito verso l’Africa
 per la sua prima migrazione

Si è ambientato per quattro giorni nella cavità di una parete rocciosa. Poi il primo volo e, a distanza di pochi giorni, la migrazione verso l’Africa. Si è chiusa con successo, nelle scorse settimane, presso l’Oasi LIPU Gravina di Laterza, in provincia di Taranto, l’operazione Capovaccaio, che ha visto il rilascio di un giovane esemplare – grazie alla tecnica dell’”Hacking” - al fine di rafforzare la popolazione italiana di questa specie, una delle più minacciate di estinzione in Italia, dove è ormai ridotta a poche coppie nidificanti.

L’operazione - effettuata dalla LIPU in collaborazione con la Regione Puglia, ufficio Parchi e tutela della biodiversità, la Provincia di Taranto e del Cerm (Centro rapaci minacciati) – è partita il 19 maggio scorso, quando Augusto (questo il nome del capovaccaio) venne alla luce nel Centro di riproduzione (Cerm) di Rocchette di Fazio, in provincia di Grosseto.
Giunto all’età di quasi tre mesi all’oasi di Laterza dalla Toscana, il capovaccaio è stato ospitato per qualche giorno in una cavità ricavata in una delle pareti scoscese che caratterizzano lo spettacolare canyon della Gravina di Laterza, uno spazio preparato con cura dal personale LIPU con il Gruppo speleologico di Martina Franca (Taranto). 


Poi l’emozionante momento del primo volo: il rapace ha preso confidenza con l’ambiente naturale della gravina e per 10 giorni è stato seguito dal personale dell’oasi grazie a una micro radio trasmittente Vhf a corto raggio posizionata sulla penna timoniere centrale (coda), utile per seguire i primi spostamenti del capovaccaio nel raggio di 10 chilometri. Infine la partenza per l’Africa, dove l’avvoltoio trascorrerà l’inverno e da dove, nei prossimi anni, si spera riparta per tornare in Italia a nidificare, rafforzando così, in prospettiva, l’esigua popolazione italiana.

Siamo molto soddisfatti dell’esito positivo di questa delicata operazione – dichiara Fulvio Mamone Capria, presidente LIPU-BirdLife ItaliaL’intenzione è quella di proseguire su questa strada per poter dare una chance di sopravvivenza a questa specie, che si trova in imminente rischio di estinzione”.

Il capovaccaio Augusto è il decimo esemplare, nato in cattività al Cerm, liberato con la tecnica dell’Hacking all’Oasi LIPU Gravina di Laterza, oasi che l’Associazione co-gestisce con la Provincia di Taranto e il Comune di Laterza: il primo fu Laerte, nel 2004, seguito, tra gli altri, da Arianna (2006) e Arturo (2007), questi ultimi equipaggiati con trasmettitori satellitari e seguiti a lungo, grazie al Gps, fino in Africa. Operazioni entrate a far parte del piano di azione nazionale per la conservazione del capovaccaio redatto dall’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale).
Grazie ai dati ottenuti dai trasmettitori satellitari sono state scoperte le aree di svernamento della popolazione italiana di capovaccaio nel Mali e in Niger.

Ringraziamo l’ufficio parchi e tutela della biodiversità della Regione Puglia e la Provincia di Taranto per aver inserito questa attività nel progetto Grastepp – conclude il presidente LIPU – e aver reso dunque possibile questa importante e preziosa liberazione di Augusto”.

 Parma, 21 settembre 2012

domenica 16 settembre 2012

Pale eoliche, quanti miliardi al vento

Articolo di Antonello Caporale
pubblicato su IL FATTO QUOTIDIANO del 16 settembre 2012




Candela è un paesino che lega la Campania alla Puglia. I viaggiatori diretti a Bari lo incontrano alla sommità dell’Appennino, finita la salita dell’Irpinia d’Oriente. Spalanca gli occhi alla Daunia, li dirige sugli ettari di grano del Tavoliere, verso Foggia. A Candela nessuno pensava fino a vent’anni fa che il vento si potesse anche vendere. Il vento qui ha sempre fatto solo il suo mestiere: soffiare. Soffia quasi sempre, anche duemila ore all’anno. Contano le ore coloro che fanno quattrini col vento. Con un anemometro, un’asta lunga, una specie di ago d’acciaio diretto al cielo, si può conoscere se è buono o cattivo, forte o debole. Se soffia come si deve o se fa i capricci. Se è utile a far fare quattrini, dunque.
Arrivarono le aste e con loro particolari personaggi che organizzavano il mercato del vento. Sviluppatori si chiamavano. Sviluppavano il territorio, certo. Gli agricoltori di Candela ne furono lieti, anche il sindaco e tutta l’amministrazione comunale. C’era la possibilità di ottenere qualche migliaio di euro dalla società che avrebbe innalzato le pale eoliche. E soldi per fare una bella festa patronale per esempio e far venire (altrove era già successo) i cantanti di X Factor finalmente! E anche sostenere la squadra di calcio: divise nuove per tutti!
Pure belle sono le pale. Se le vedi da lontano sembrano rosoni d’acciaio o margherite giganti, dipende dai tuoi occhi, da dove le miri. Fanno la loro figura comunque. Ognuno degli abitanti del vento ha una sua immagine da offrire al pubblico dibattito. A un sindaco del Tarantino, per esempio, parevano simili a mulini a vento: “Abbiamo già il mare e avremo i mulini, delle possibili attrazioni per il nostro territorio sempre danneggiato, vilipeso dal nord”.
Le pale eoliche messe una accanto all’altra formano, come ha sempre spiegato Legambiente, un parco eolico. La parola parco dice tutto: significa ambiente tutelato, prati verdi, cielo azzurro, aria pulita. Finalmente il sud non avrebbe insozzato l’aria, anzi l’avrebbe trattenuta e gestita nel miglior modo possibile. Così a Rocchetta Sant’Antonio iniziarono a mettere le pale che pian piano giunsero fino a Candela, poi si volsero verso Monteverde e Lacedonia, paesi limitrofi. Puntarono in direzione di Foggia, cinsero Sant’Agata di Puglia come un pugno stringe una rosa, s’incamminarono verso Lesina, verso il mare dell’Adriatico.
Pale, pale, pale. Un alluvione di pale che ha conquistato tutto il sud. Loro in cima alle montagne, i pannelli fotovoltaici in terra. Creste d’acciaio in aria, e in basso silicio al posto degli ulivi, come in Salento, silicio invece degli agrumi, come in Calabria. Silicio e non pomodori, o vitigni, o alberi. Silicio in nome dell’energia sostenibile, del Protocollo di Kyoto, delle attività ecocompatibili. In nome del futuro dell’uomo. Conviene dunque partire da qui, dall’Irpinia d’Oriente, epicentro del vento, per illustrare il più straordinario, galattico affare di questo inizio secolo. Per domandare come sia stato possibile costruire una fabbrica di quattrini per pochi intimi, un giro d’affari che nel 2020 toccherà punte multimiliardarie, deviando nelle casse pubbliche qualche spicciolo. L’equivalente di un’elemosina. Come sia potuto accadere che un tesoro collettivo inesauribile è stato ceduto ai privati. Che non una pala, una!, sia veramente e totalmente pubblica. Per volere di chi, grazie a complicità di quali menti, di quali mani, di quali occhi? E in ragione di quale bene comune il bilancio statale ha immaginato di destinare, per sostenere il ciclo vitale dello sviluppo delle rinnovabili, un monte di soldi che, in una puntuale, analitica interrogazione parlamentare al ministro dello Sviluppo economico e a quello dell’Ambiente, la radicale Elisabetta Zamparutti, unica curiosa tra le centinaia di colleghi silenti, stima in circa 230 miliardi di euro. Solo quest’anno, nel tempo feroce della spending review che taglia ospedali e trasporti, trasforma in invisibili gli operai, taglia commesse e finanziamenti e con loro cancella la vita precaria dei precari, si dovranno accantonare altri dieci miliardi di euro da investire nello sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili, le cosiddette Fer. Dieci miliardi! Uno sforzo titanico a cui gli italiani sono chiamati a partecipare versando l’obolo in rate bimestrali attraverso un sovrappiù della bolletta elettrica. Si chiamano incentivi. Erano i famigerati certificati verdi sterilizzati da nuove norme, le cosiddette “aste”. E non ha importanza che la soglia di rinnovabile elettrica sia stata raggiunta impetuosamente con otto anni di anticipo.
ORIZZONTE D’ACCIAIO
Candela accoglie i viaggiatori nel grande piazzale di una stazione di rifornimento di carburante. Il vento spazza l’asfalto. La sosta è obbligata per i bus che collegano l’est con l’ovest del Mezzogiorno. Arrivano le corriere da Napoli. Chi vuole andare a Foggia non conta infatti sul treno, sarebbe una via crucis. Perciò il bus. Il viaggiatore può attenderlo nel bar di antico sapore bulgaro. Una stradina lo costeggia e ci conduce verso Rocchetta Sant’Antonio, sulla linea di confine pugliese. Superata la prima curva, l’orizzonte si fa d’acciaio. Una foresta di tubi e di pale, l’una dietro l’altra a recinto dei crinali delle montagne. L’orizzonte è tagliato dalle eliche, sembra che la terra possa decollare e tutti noi puntare da un momento all’altro verso il paradiso. “I contadini hanno fittato agli imprenditori del vento e si sono rifugiati altrove – dice Enzo Cripezzi, presidente della Lipu Puglia e uno dei maggiori indagatori del fenomeno eolico – Hanno messo in tasca i pochi quattrini, una somma comunque incomparabile rispetto al reddito miserabile dell’agricoltura, e hanno scelto l’abbandono. Sono fuggiti col tesoretto, felici finalmente”. Verso Rocchetta troviamo a far compagnia alle torri una poiana, rapace autoctono, che tenta di fare spuntino con una lucertola e poi compare più in là un biancone. Sono uccelli migratori, profondi conoscitori delle correnti del vento. Vivono grazie ai vortici depressionari che d’estate li conducono in Italia, in Spagna, nei territori caldi dell’Europa e l’inverno li riportano in Africa dove attendono il nuovo viaggio. Il biancone, della larga famiglia delle aquile, conosce così bene le correnti da superarle aggirando il Mediterraneo, prendendolo ai fianchi: costa ligure, costa azzurra, costa brava, stretto di Gibilterra, infine Marocco. Fanno fatica a superare l’acqua e questi uccelli migratori sono simili – in quanto a viaggi della speranza – agli uomini migranti. Gli umani muoiono sui barconi, gli animali in aria se il loro corpo non resiste alla fatica che la natura impone. Fino a ieri il pericolo era il canale di Sicilia, superato il quale veleggiavano verso la salvezza. Adesso no, le eliche li confondonoeliannientano.Inibbireali,lecicognenere, specie protetta e rara, possono incappare nelle turbine, ferirsi e morire. Così i falchi, le poiane, e ogni uccello che tenti di attraversare l’Appennino. Effetti collaterali minori, si dirà. E qual è l’effetto visivo, l’impatto ambientale, la forza prepotente e magica di questi spuntoni di roccia che affiorano sui pendii descritti da Gabriele Salvatores nel film Io non ho paura?. “La natura non aveva preventivato le pale eoliche – dice Cripezzi – Guardare oggi questo panorama e compararlo con quello di ieri fa venire un’enorme tristezza, un dolore profondo e rabbia”. La stradina si confonde al vecchio tratturo e punta su Monteverde. Il paese che guarda le pale. 850 abitanti, solo un anziano sulla panchina: “A me fanno venire le vertigini. Allora piglio una pasticca e tutto passa”.
DECIDONO LE REGIONI
Non si può dire no al petrolio e affossare l’eolico e il fotovoltaico, certo. Ma si poteva, anzi si doveva gestire il territorio, dividerlo per caratura paesaggistica, garantire alle pale un luogo e al paesaggio la sua identità. Scegliere dove metterle, e come. Preservare il possibile e il giusto. Invece? Invece la legge nazionale delega alle regioni. Lo sviluppo dell’energia è questione loro. E il paesaggio tutelato dalla Costituzione? Problema locale. Le Regioni anziché fare un piano regolatore dei venti e delle pale e promuovere partecipazioni pubbliche allo sviluppo dell’energia pulita, rendendo bene comune, esattamente come l’acqua, il vento e il sole, privatizzano progetti e attuatori. Tutto demandato agli uffici del Via, microscopici controllori della legalità e del paesaggio che col tempo fungono da predellino delle lobbies.“L’Europa ci vieta, per le norme sulla concorrenza, di prendere parte all’impresa”. Un leit motiv non soltanto falso, ma irriconoscente della realtà: non era vero, né poteva esserlo. Ma era comodo dirlo. Pensate che la signora Renata Polverini, presidente della Regione Lazio, nel primo semestre di quest’anno ha prodotto circa 230 nomine tra consulenti e consiglieri di amministrazione nelle più diverse e bizzarre diversificazioni merceologiche dell’intervento pubblico. Manca solo l’azienda regionale per la promozione del cioccolato bianco. Tutto si può e tutto si fa, ma l’energia non è un bene pubblico, e lo sfruttamento delle risorse naturali non è questione collettiva. Ricordiamo le parole di sintesi – a proposito della discussione sulla misura degli incentivi da dare ai privati – di Gianfranco Micciché, viceministro al tempo del governo Berlusconi, noto a tutti per le sue battaglie ambientaliste: “Chi tocca il fotovoltaico si propone di far cadere il governo”. E così i raggi del sole si sono trasformati in infiltrazioni private sulla terra. Affari della Sanyo, come a Torre Santa Susanna, in provincia di Brindisi. Decine di ettari di terreno confiscati all’agricoltura sui quali sono stati riposti 33mila moduli solari per farne l’impianto tra i più grandi d’Europa. Finanziamento tedesco e tecnologia giapponese. “Vorrei esprimere le nostre sincere congratulazioni per il completamento di questo progetto e ringraziare Deutsche Bank per averci dato fiducia nella scelta dei nostri moduli solari”, commentò Misturu Homma, executive vice President di Sanyo. Giusto. Il sole è italiano, ma non conta, non vale. Non si vende. Si regala. Come pure i terreni. Pochi quattrini e affare fatto. Oggi il ministro dell’Agricoltura, l’unico sensibile al consumo del suolo, propone una moratoria uno stop al consumo del suolo. Il governo ha appena licenziato il disegno di legge. Catania non è stato certo aiutato dal collega dell’Ambiente, il prode Clini. Clini non sa o non ricorda che in Italia esistono circa 13 milioni di abitazioni costruite dopo il 1970, quindi senza particolare tutele. Sui tetti i pannelli e gli ulivi per terra: era più naturale e forse possibile? Possibile senz’altro ma troppo dispendioso per i privati: molto più facile tombare di silicio centinaia di ettari di terreno. Molto più veloce e produttivo.
Sono stati cementificati 750mila ettari di territorio solo nell’ultimo decennio. Una parte poteva essere destinata ad ospitare i pannelli? Macché, troppo complicato. Via col vento e col sole dunque. E via con le imprese.
Il Mezzogiorno è stato spartito in spicchi d’influenza.Ad alcune aziende monopoliste sono stati affidati i lucchetti: la Fortore Energia ha cinto la Puglia, l’Ipvc la Campania, Moncada la Sicilia. In Calabria molte srl, alcune delle quali facenti capo indirettamente alle famiglie più importanti della ‘ndrangheta. La Piana lametina e il Crotonese sono stati assoggettati all’illegalità più clamorosa, plateale. Non c’è pala messa che non sia stata accompagnata da un’inchiesta giudiziaria. Truffa, corruzione, falso. Il trittico dei reati tipici, la serializzazione dell’attività giudiziaria. Energia pulita per mani sporche. Non tutte sporche, naturalmente. E non tutti imprenditori affaristi, naturalmente. Ma di certo tutti hanno goduto di una deregulation mai vista, incredibile solo a pensarci.
Edison, Sorgenia, Green Power, Sanyo e poi olandesi, spagnoli, cinesi. Tutti nel business. Solo privati però, sempre privati. Lo Stato non ha partecipato in nessuna forma, e gli enti locali neanche per sogno hanno accompagnato lo sviluppo eolico con una loro presenza, magari anche minoritaria, nelle società di produzione. In Puglia la fabbrica ideologica di Nichi Vendola, secondo cui l’energia, per il solo fatto di essere rinnovabile e pulita fosse obbligatoriamente da catalogarsi a sinistra, ha permesso a essa di straripare. A nord della regione le pale, a sud i pannelli. Nichi ha chiuso la stalla quando i buoi erano già tutti scappati. La Campania è stata comprata come detto dal signor Vigorito, capo dell’Ipvc, pioniere del vento. Acclamato presidente dell’Anev, l’associazione degli industriali del vento. Associazione “ambientalista” secondo i protocolli in uso per i tavoli del ministero dell’Ambiente. Una benemerita. Nel 2005 Legambiente e Anev hanno sottoscritto un protocollo d’intesa con lo scopo di promuovere l’eolico in Italia.“Insieme organizzano e collaborano”, scrive il sito ufficiale degli imprenditori. Purtroppo nel 2009 il presidente dell’Anev, questa titolata associazione ambientalista, viene arrestato. La Guardia di Finanza sequestra sette “parchi” eolici in diverse regioni e accusa Vigorito…
Era ieri. Torniamo all’oggi. Al 2011 sono state installate 5500 torri eoliche per quasi settemila megawatt di potenza installata. Altrettante sono in arrivo. Tutte concesse a tempo di record. E chi vorrà dedicarsi alla coltivazione del mini eolico (torri alte anche cento metri fino a 1 megawatt) non dovrà neanche attendere la firma: basta la dichiarazione di inizio attività. Sarà zeppo di acciaio anche ciò che ora è libero da impianti. Anche le vostre montagne e i vostri occhi dovranno abituarsi. Serve energia pulita. E che nessuno fiati.

di Antonello Caporale
da Il Fatto Quotidiano del 16 settembre 2012

Monitoraggio: svolta iniziativa “Rapaci oltre i confini”

Si è svolta, sabato scorso 15 settembre 2012, l’edizione estiva di “Rapaci oltre i confini”, la giornata di monitoraggio e studio dei rapaci tra Lazio e Abruzzo, nel comprensorio Monti della Duchessa – Valle di Malito – Monte Fratta –Valle del Rio Torto – Monte Velino – Valle Majelama.
La giornata ha visto protagonisti una decina di attivisti di ALTURA, della SROPU, LIPU e del Gruppo Naturalisti Rosciolo oltre a soci del CAI e di Mountain Wilderness distribuiti su cinque postazioni in quota per l’osservazione di rapaci in genere e dell’avifauna in migrazione.
Lo sforzo ha dato buon esito con l’osservazione di alcuni esemplari di aquila reale, grifone e pellegrino e sparviere.
Osservati anche un buon numero di corvi imperiali e di gracchio corallino.
Unica nota stonata, la mancata adesione del personale della Riserva Naturale Montagne della Duchessa per problemi "burocratici".

Appuntamento per la prossima edizione di “Rapaci oltre i confini” in primavera !

Daniele Valfrè
Responsabile ALTURA Abruzzo

martedì 4 settembre 2012

Il Nibbio Reale vola alto nella valle dell'Albegna

Liberati altri 13 giovani nibbi reali nell’alta valle dell’Albegna grazie al progetto “Save the Flyers”.
Enel Distribuzione ha modificato circa 50 km di linee elettriche per consentire il ritorno del nibbio.


Grosseto: Prosegue con successo il programma di ripopolamento del nibbio reale nell’area amiatina, portato avanti dall’Unione dei Comuni Montani Amiata Grossetana nell’ambito del progetto LIFE Save the Flyers, cofinanziato dalla Commissione Europea: è stato infatti effettuato il rilascio di 13 giovani esemplari, otto dei quali provenienti dal Cantone di Friburgo, in Svizzera, e cinque dalla Corsica, Francia.
Un progetto che in Toscana, nell’alta Valle dell’Albegna sul territorio dell’Amiata grossetano, ha trovato terreno fertile grazie al sostegno di Enel Distribuzione che ha partecipato al progetto “Life Natura Save the Flyers, consentendo al nibbio di tornare a nidificare in Toscana dopo 40 anni: nei mesi scorsi i tecnici di  “Enel Sviluppo Rete – Distaccamento di Grosseto” hanno completato gli interventi di sostituzione dell’armamento dei pali e di isolamento dei conduttori nei punti di fissaggio sugli isolatori su molti km di linee del territorio, allo scopo di garantire l’incolumità dei rapaci.
Il monitoraggio degli spostamenti di questi animali viene svolto dagli esperti del CERM, Centro Rapaci Minacciati di Rocchette di Fazio (GR), in collaborazione con il Dott. Willem Bouten dell’Università di Amsterdam, Institute for Biodiversity and Ecosystem Dynamics, Computational Geo-Ecology, che segue vari progetti di monitoraggio su numerose specie di uccelli in tutta Europa, in Sud Africa e nella Penisola arabica.
I 13 esemplari di nibbio reale liberati sono dotati di dispositivi GPS UvA-BiTS (University of Amsterdam Bird Tracking System) di soli 20 grammi, che sono in grado di immagazzinare 60.000 dati inerenti la localizzazione degli animali per poi scaricarli ad una stazione ricevente fissa od a stazioni portatili dotate di antenna direzionale. I dati acquisiti con questo sofisticato sistema GPS datalogger vengono immagazzinati in un database permettendo di localizzare le diverse posizioni degli animali durante il giorno; una volta rielaborati, i dati forniscono anche importanti informazioni sull’uso del territorio e per l’individuazione dei nidi. I dispositivi GPS sono stati applicati agli animali con una imbracatura a zainetto dal Dott. Adrian Aebischer, biologo svizzero di fama internazionale, uno dei maggiori esperti della specie nibbio reale.
Intanto i nibbi reali liberati nell’Area amiatina a partire dal 2007 continuano a riprodursi in natura, consolidando sempre di più la nuova popolazione. Nella stagione riproduttiva 2012 si stima che si siano formate almeno 12-14 coppie e gli esperti del CERM hanno seguito costantemente tutte le fasi di nidificazione di tre di esse, che hanno portato all’involo di cinque giovani. Il ritorno di questi stupendi rapaci è stato ben accolto da parte della popolazione anche perché, cibandosi soprattutto di piccoli animali come topi, arvicole, insetti e di animali morti, risultano validi alleati degli agricoltori per non parlare del fatto che sono in grado di contenere in maniera significativa il numero di gazze e cornacchie. Nibbi reali vengono osservati ormai in buona parte della provincia di Grosseto ed attraggono per la loro bellezza sempre più appassionati di birdwatching e turisti.

Martedì 04 Settembre 2012 14:40 | Stampa | E-mail
Fonte: maremmanews.tv.it